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Rassegna Stampa

Cloud di Stato, la PA accelera: adesioni +380% Contratti da 3,6 miliardi

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Sovranità. Addio alla carta: in tre anni salite da 120 a 576 le amministrazioni centrali e locali sul Polo Strategico Nazionale. Sicurezza affidata a Leonardo

Il target “intermedio” del Pnrr è già alle spalle. I numeri non lasciano margini: tra il 2023 e il 2025 le amministrazioni centrali e locali che hanno aderito al cloud del Polo Strategico Nazionale (PSN) sono aumentate del 380%, da 120 a 576, con contratti siglati da 3,6 miliardi di euro per gestire fino al 2035 documenti, software e altri servizi della Pubblica amministrazione: carte che non si cercano più in archivi e faldoni o nei server locali, ma si aprono da remoto, con un click dai pc autorizzati degli enti, in ambienti sicuri e sovrani.

A dettare la rotta è la Strategia nazionale cloud, voluta dal sottosegretario con delega all’innovazione Alessio Butti e definita dal Dipartimento per la trasformazione digitale insieme all’Agenzia per la cybersicurezza nazionale. Non è solo un’operazione tecnologica: è una promessa di trasformazione, portare l’Italia dall’analogico al digitale. Significa provare ad accelerare una macchina burocratica storicamente farraginosa, rendere immediatamente accessibili documenti che ancora oggi restano incagliati tra cartelle e sportelli, a partire da quelli che incidono direttamente sulla vita dei cittadini, come i servizi di emergenza ospedalieri. Basta guardare l’andamento del mercato cloud per misurare la spinta del cambiamento: nel 2025 oltre 8miliardi di euro, +20% sul 2024, certifica l’Osservatorio Polimi 2025.   

L’Italia è tra i pochi Paesi Ue ad avere scelto una strategia di cloud first, con il Polo Strategico Nazionale – partecipato da Tim, Leonardo, Cdp Equity e Sogei – in una fase di crescita avanzata rispetto a progetti analoghi di pari complessità in Europa. Stando ai dati di venerdì 22 novembre, sono già migrate sul cloud nazionale 211 Pubbliche amministrazioni centrali, 221 enti locali e 144 tra Asl e Aziende ospedaliere. Tra le amministrazioni più strategiche c’è, per esempio, il ministero del Lavoro, che ha portato in cloud i servizi un tempo in capo all’Anpal su orientamento, formazione, accompagnamento al lavoro e incentivi alle assunzioni. L’accordo con il ministero della Difesa è ancora più ampio: prevede il passaggio al cloud del Comando per le operazioni in rete, dell’Esercito, della Marina, dell’Aeronautica e del Segretariato generale della Difesa. A questi si aggiunge il Comando generale dell’Arma dei carabinieri. Su un binario parallelo corre la platea delle amministrazioni che al PSN sono arrivate attraverso il Pnrr: 380 realtà locali e sanitarie che per la migrazione hanno utilizzato 730 milioni dei 900 complessivamente stanziati dal Piano.  

È qui che si apre il capitolo più sensibile: la sovranità del dato. Il tema è caldo, anche perché mercoledì 19 novembre il sottosegretario Butti, in rappresentanza del Governo, ha firmato a Berlino con i rappresentanti degli altri Stati Ue la “Dichiarazione per la sovranità digitale europea”. In sostanza, è un impegno per l’Unione ad agire in modo autonomo nel mondo digitale, regolando infrastrutture, dati e tecnologie secondo le proprie leggi, i propri valori e interessi di sicurezza, senza indebite dipendenze da attori esterni. Il tutto restando comunque aperti alla cooperazione con i partner internazionali che condividono i principi europei.  

In questa direzione si colloca il modello del PSN, con una sovranità garantita da quattro datacenter di Tim in Italia, dal controllo esercitato dal Security Operation Center di Leonardo e da una crittografia che rende il contenuto illeggibile. Di conseguenza i dati sono conservati in un ambiente chiuso, per garantire la massima sicurezza e sovranità. Una struttura che relega le Big tech americane – Amazon Web Services, Azure, Google Cloud e Oracle – al ruolo di semplici fornitori di software e riduce l’esposizione al Cloud Act statunitense.

Sullo sfondo, però, si intravede l’evoluzione del “sistema” cloud italiano, attraverso una serie di accordi che si stanno definendo a livello regionale. Una sorta di cloud federato, in cui il PSN mantiene un ruolo centrale e le società in-house regionali che fanno cloud cooperano per ampliare il magazzino virtuale. Una collaborazione che, ad oggi, coinvolge già Aria (Lombardia), Trentino Digitale, Lazio Crea e Sicilia Digitale, è che ha l’ambizione di creare una nuova fase per la PA.  

Un ecosistema federato con le in-house regionali

L’intervista a Emanuele Iannetti.

«Il Polo strategico nazionale è stato concepito dal Dipartimento per la trasformazione digitale come abilitatore di un ecosistema federato del cloud» che coinvolga anche le in-house regionali già attive sui territori, con l’obiettivo di «costruire un ecosistema digitale sovrano, moderno ed efficace». 

A parlare è l’amministratore delegato del Polo strategico nazionale, Emanuele Iannetti, che in quest’intervista ripercorre le prossime tappe di sviluppo.

Il Pnrr sta davvero portando la Pa nel digitale? 

Ha rappresentato un acceleratore decisivo, permettendo a molte amministrazioni centrali e a numerose Asl e aziende ospedaliere di sfruttare i contributi per migrare verso le soluzioni PSN. In molti casi la migrazione è stata accompagnata da un’importante reingegnerizzazione applicativa che ha migliorato la qualità dei servizi offerti ai cittadini. 

Come si inseriscono le in-house nel modello PSN? 

Grazie agli investimenti realizzati e alle competenze tecniche maturate, le in-house possono contribuire alla creazione di un’infrastruttura nazionale integrata e interoperabile, sulla quale tutte le amministrazioni possano poggiare indistintamente. Il modello genera un duplice beneficio: da un lato le in-house mantengono il presidio del territorio, preservano il patrimonio di competenze e offrono servizi a bassa latenza; dall’altro PSN garantisce standardizzazione, sicurezza, orchestrazione nazionale e integrazione multicloud nell’ambito della convenzione. Questo modello di edge cloud distribuito, già in fase avanzata di sperimentazione con alcune in-house, rafforza una collaborazione che è già molto concreta. 

E dopo il Pnrr? 

Il target intermedio è centrato. Il lavoro è ora orientato all’obiettivo di giugno 2026, che prevede la completa migrazione di almeno 280 amministrazioni. Parallelamente, continueremo sia a supportare ulteriori enti che sceglieranno il PSN con fondi propri, sia a favorire l’ampliamento dei servizi migrati da parte delle Pa già aderenti. Questo percorso consentirà di consolidare gli obiettivi della Strategia Cloud Italia: sicurezza e classificazione del dato, ma anche una significativa riduzione del numero di data center pubblici, con benefici evidenti in termini di investimenti e consumi energetici. Abbiamo un modello organizzativo e tecnologico che ci pone tra le best practice riconosciute a livello europeo. Mantenerlo richiede leadership continua su temi come sicurezza del dato, resilienza, compliance normativa ed evoluzione tecnologica — ambiti nei quali PSN può contare sulle proprie competenze e su quelle dei partner industriali.